Salvatore Granata è a disposizione per perizie dattiloscopiche. La dattiloscopia fa riferimento al rilievo, l’esame e lo studio delle creste cutanee papillari localizzate sui polpastrelli delle dita, che generano le impronte digitali. Le impronte digitali sono uniche per ognuna delle dita e restano immutabili per ogni individuo. Sono di conseguenza un’ottima traccia per l’individuazione delle persone. Esistono 3 tipi di impronte digitali:
Sugli oggetti lucidi, piani e non porosi che entrano a contatto con dita, di mani e piedi, restano delle impronte dovute all’essudato fisiologico e ad altre secrezioni. Le impronte palmari lasciano tracce che, con metodi di rilevamento, possono essere sia rilevate che confrontate con altre di riferimento. La dattiloscopia forense è una delle specialità trattate dall’ENFSI, che ne promuove il miglioramento e lo sviluppo. Lo studio delle impronte forensi si espande inoltre in diversi settori, con l’esaltazione e la comparazione delle impronte di pneumatici, calzature, strumenti di effrazione e altre impronte di interesse forense.
Rispetto ai tradizionali caratteri metrici, oggetto centrale di studio dell’antropometria e delle biometrie in generale, i dermatoglifi presentano alcuni vantaggi:
I dermatoglifi permettono di raggruppare alcuni segni caratteristici in zone sistemiche del polpastrello suddividendone la distribuzione in:
Nel punto in cui convergono i tre sistemi si disegna una figura triangolare chiamata “triradio” o “delta”.
Fig. 11: Classificazione sistemica delle aree del polpastrello
Fig. 12: Tipologie del disegno ad Arco adelta o anucleare
È il disegno più semplice ed il meno comune (5%). Non presenta triradi (delta) e le creste descrivono una curva dolce.
Si possono avere due tipologie diversificate dalla gradualità delle creste: arco piano ed arco a tenda, ove quest’ultimo presenta un triradio.
È il disegno più comune (65%). Presenta un triradio (delta) ed un nucleo (core). Per questa figura è calcolabile la conta delle creste (ridge count).
È formata da un fascio parallelo di creste che compie una curva di 180° tornando ad incontrare sé stessa.
A seconda del lato che presenta l’apertura dell’ansa si possono avere due distinte tipologie: ulnare o radiale.
Fig. 13: Disegno ad Ansa monodelta
Fig. 14: Disegno a Vortice bidelta concentrico
È una figura comune (30%). Presenta due triradi (delta) ed un nucleo (core). Viene formata dall’unione di due anse.
Per questa figura è calcolabile la conta delle creste (ridge count).
Si possono avere varie tipologie diversificate dalla presenza di più anse interne.
È una figura complessa.
Presenta due triradi (delta) e uno o più nuclei (core).
Fig. 15: Disegno Composito bidelta composto
L’impronta digitale è costituita da un insieme di linee, dette creste o ridge line che scorrono in linee parallele, che a volte si intersecano o si interrompono, formando un disegno detto ridge pattern. Nell’ambito delle figure conosciute (anse, archi e vortici), possono essere individuate ulteriori particolarità conosciute come “minutiae”. Le minuzie (caratteristiche di Galton) sono un fattore determinante per la discriminazione delle impronte: infatti sono dei punti dove le creste hanno un comportamento anomalo.
Il modello per l’identificazione delle minuzie prevede che per ogni tipologia vengano memorizzate sia le coordinate (x, y) che l’angolo formato dalla tangente alla minuzia con l’asse orizzontale. In una prima fase, vengono rilevate tutte le minuzie sulle due impronte da confrontare; in una seconda fase viene effettuato il confronto propriamente detto. Analizzando l’andamento delle creste si notano delle aree in cui queste presentano degli andamenti particolari: curvature marcate, terminazioni, biforcazioni, asole, incroci, ponti, etc.
L’identificazione certa avviene solo per sovrapponibilità completa. Poiché raramente si dispone di reperti dattiloscopici completi, si è stabilito un numero minimo di minuzie che consenta una identificazione che superi il “ragionevole dubbio”. Tale numero è diverso in funzione delle svariate legislazioni; in Italia il numero minimo corrisponde a 16÷17 minuzie CERTE.
L’art. 349, co 2, c.p.p., “Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini”, è un’attività a iniziativa della polizia giudiziaria. L’articolo prescrive che all’identificazione della persona si possa procedere anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici: «La dattiloscopia preventiva cura, pertanto, l’elencazione e l’aggiornamento dei cosiddetti elenchi dei precedenti dattiloscopici, funzionali a molteplici attività di Polizia e, più in generale, di Giustizia.» (Intini-Picozzi, 2009, 319).
Il metodo statistico di Victor Balthazard, che è lo stesso che viene accettato e riconosciuto dalla Corte Suprema di Cassazione italiana, parte dall’ipotesi che un’impronta “completa” possieda circa 100 punti caratteristici. La rarità (e non unicità) è così espressa dalla formula: (1/4)n, dove la cifra “quattro”, rappresenta il tipo di minuzie che si ritrovano con più frequenza in un’impronta (termine di linea e biforcazione verso destra e verso sinistra), ed “n” rappresenta il numero di minuzie uguali per forma e posizione. Ad esempio, se a “n” si attribuisce il numero 17, si ottiene:
(1/4)17 = 1/17.179.869.184.
Che, detto in altre parole, significa: una possibilità su diciassette miliardi che due impronte con diciassette punti in comune, uguali per posizione e forma, appartengano a due individui differenti.
Fig. 16: Forma e denominazione delle principali e più comuni minutiae rinvenibili in un’impronta dattiloscopica
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